La Valle d’Aosta è la più piccola delle regioni italiane, ma ha alle sue spalle una storia molto importante e un vasto patrimonio culturale, fatto anche di credenze e racconti popolari. Si tratta di una lunga tradizione orale passata di generazione in generazione attraverso le veillà (veglie), ovvero le serate invernali trascorse con i familiari e gli amici impegnandosi in piccoli lavori artigianali, giocando, bevendo, conversando e durante le quali gli anziani rievocavano antiche leggende. Oggi le veillà sono occasioni di festa e di bevute e la più celebre si svolge ad Aosta, nella notte fra il 30 e il 31 gennaio, in occasione della Fiera di Sant’Orso.
I miti e le leggende che animano il territorio sono strettamente legati alla sua morfologia: montagne, boschi, sentieri, laghi diventano spesso scenario del confronto fra il bene e il male, popolati da diavoli, fantasmi e streghe, ma anche da santi e persone semplici, umili e generose. Vicende in cui il bene spesso trionfa, ma nelle quali non mancano castighi terribili - a volte definitivi – verso gli avidi e gli avari.
Il Lago Blu si trova nei pressi di Breuil-Cervinia, lungo la strada regionale che sale da Valtournenche e - alimentato da acqua sorgiva - è sempre limpido e nelle sue acque si specchia il Cervino. A questo incantevole luogo è legata però una cruda leggenda che ne richiama altre diffuse anche nel mondo antico.
La storia narra che là dove c’è adesso il lago, un tempo ci fosse l’abitazione di una famiglia di pastori. In una sera fredda e piovosa, un viandante bussò alla loro porta chiedendo cibo e riparo per la notte, ma i pastori rifiutarono ogni sostegno: solo il figlio piccolo offrì la sua scodella di latte, ma la madre gliela strappò di mano sostituendola con un recipiente di acqua sporca. Il viandante si allontanò, lanciando maledizioni contro la casa che l’aveva respinto e umiliato e il bambino fu punito dai genitori, costretto a raccogliere legna tutta la notte. Il piccolo, mentre tremava spaventato nel bosco, notò che gli animali lo guardavano con compassione e, una volta ripresa la via del ritorno, trovò il lago al posto della sua dimora. Capì allora che i genitori erano morti, puniti per il loro egoismo; pianse disperato, ma anche consapevole che il castigo fosse meritato. Il pastorello e i suoi discendenti fecero tesoro di questa esperienza e furono sempre ospitali verso chi aveva bisogno.
L’ingordigia e l’attaccamento ai beni materiali tornano protagonisti anche in una delle tante leggende legate al Castello di Graines, struttura risalente all’XI secolo, le cui rovine si trovano nei pressi di Arcesaz (frazione del comune di Brusson). Un luogo molto suggestivo, che sembra riportarci con un incantesimo a epoche lontane.
Il castello venne costruito su un'altura da dove era possibile controllare tutta l’area circostante e, tra le sue mura, si credeva ci fosse un tesoro che nessuno era mai riuscito a trovare. Una notte un giovane mandriano sentì in sogno una voce che gli indicò il luogo esatto dove questo era nascosto, con l’avvertimento di abbandonare il nascondiglio prima che il gallo cantasse tre volte. La notte successiva, il mandriano si recò nel posto che la voce gli aveva indicato e vi trovò una botola che lo condusse fino a una stanza dove si trovava un tesoro immenso, in oro e pietre preziose. Incantato, si attardò però a contemplarlo, affondando le mani con cupidigia in così tanta ricchezza. Non sentì il triplice canto del gallo e la botola si chiuse alle sue spalle, rendendolo prigioniero.
Lo stesso affascinante castello ha suscitato anche altre storie. Si dice per esempio che il signore del luogo imponesse agli abitanti della valle di coprire di terra la neve e il ghiaccio della Becca Torché, per evitare che i riflessi del sole infastidissero e rovinassero la pallida carnagione delle castellane.
Anche il Monte Bianco ha dato forma a numerose leggende e quasi tutte convergono sul fatto che un tempo fosse infestato di spiriti maligni, al punto da essere chiamato Mont Maudit. Sarebbe stato un umile frate mendicante, colpito dalla generosa accoglienza ricevuta, a far cadere con le sue preghiere così tanta neve da imprigionare le creature malefiche e, da allora, la montagna ha cambiato il suo nome.
Questo e altri racconti ci parlano di una Valle d’Aosta animata da demoni, streghe, incantesimi a volte terribili, ma anche di eroi, santi o semplici persone devote e buone. Un bagaglio culturale straordinario in cui non mancano gli amori infelici, come quello di una fatina per il pastore Frid che scappò inorridito quando scoprì i suoi piedi caprini, lasciando la fata innamorata ad aspettare invano il suo ritorno; o ancora storie di prigionie e salvataggi, come la vicenda della Dama Bianca, rapita dal gigante Gargantua e poi da lui liberata, perché commosso dell’impegno dei valligiani nel cercarla e nel volerla salvare. E, infine, si rintracciano anche storie di metamorfosi, tra cui spicca quella della bellissima e corteggiatissima fanciulla che non trovò mail il vero amore, morì sola, e si trasformò nella mitica stella alpina. Un patrimonio ricchissimo da raccontare e ascoltare ancora, che somiglia alla terra da cui è nato e ai suoi abitanti: lampi di malinconia, instancabile lotta contro il Male, meraviglie della natura e poesia.
La Valle racconta