Se pò ffregà Ppiazza-Navona mia
E dde San Pietro e dde Piazza-de-Spaggna.
Cuesta nun è una piazza, è una campaggna,
Un treàto, una fiera, un'allegria.
[…] Cqua cce so’ ttre ffuntane inarberate:
Cqua una gujja na che ppare una sentenza:
Cqua se fa er lago cuanno torna istate.
Giuseppe Gioachino Belli, Piazza Navona, 1° febbraio 1833
Piazza Navona è un luogo che si nutre di storia, arte e racconti, che la rendono ancora oggi uno dei siti più amati e celebri della Capitale. Ma c’è un lato del suo passato ancora poco conosciuto: ogni estate la piazza si trasformava in una sorta di lago artificiale. Attenzione, non si tratta di uno dei tanti aneddoti alimentati da invenzione e fantasia — come il fantasma della Pimpaccia o lo sdegno della statua del fiume Nilo di fronte alla chiesa di Sant’Agnese progettata dal Borromini — bensì di un evento reale che si ripeté per molti anni.
L’iniziativa fu presa da papa Innocenzo X il 23 giugno 1652, quando fece chiudere per la prima volta le fontane presenti nella grande piazza, in modo che l’acqua fuoriuscisse dalle rispettive vasche e allagasse l’intera pavimentazione. Una decisione curiosa, ma utile, volta a offrire alla città un’opportunità di divertimento e un buon modo per battere la calura estiva. Data la reazione entusiasta di Roma, il papa decise di riproporre l’evento negli anni successivi, e lo stesso fecero i suoi successori, fino a renderlo una vera e propria tradizione che, seppur con qualche interruzione, resistette per oltre due secoli. In questa occasione, piazza Navona diventava una sorta di parco divertimenti acquatico. Le famiglie aristocratiche attraversavano questo laghetto artificiale con le loro carrozze, spesso rese somiglianti a gondole, pesci o mostri marini. Il popolo accorreva numeroso per assistere allo spettacolo, sebbene alle persone comuni fosse vietato parteciparvi direttamente ed entrare nell’area allagata.
Per comprendere fino in fondo l’origine di questa festa barocca, bisogna inserirla nel contesto dell’epoca. Al tempo, il lusso e l’eccesso erano strumenti fondamentali per esprimere il potere. Il conflitto fra le potenze cattoliche di Spagna e Francia non si combatteva solo nei campi di battaglia, ma anche attraverso manifestazioni esteriori come feste ed eventi che avevano Roma come teatro. Lo stesso valeva per i contrasti fra le grandi casate dell’aristocrazia romana, tra cui quella dei Pamphili, a cui apparteneva Innocenzo X. Non a caso, quest’ultimo mantenne alto il suo interesse per piazza Navona lungo tutto il suo pontificato: essa doveva essere manifesto e celebrazione del potere della sua famiglia, in evidente rivalità con analoghe iniziative dei Farnese e dei Barberini.
La piazza ha una forma particolare: rettangolare, ma con un lato corto semicircolare, perché fu realizzata dove, nell’85 d.C., sorgeva lo stadio di Domiziano, poi ristrutturato da Alessandro Severo all’inizio del III secolo e dedicato alle gare di atleti. Tale vocazione venne in parte ripresa in epoca rinascimentale, quando l'area veniva utilizzata per esercitazioni militari e feste di Carnevale, ma la sua grande evoluzione si ebbe proprio grazie all’ambizione dei Pamphili. Subito dopo la sua ascesa al soglio pontificio, nel 1644, Innocenzo X iniziò la costruzione di Palazzo Pamphili, che inglobava il precedente edificio della famiglia, Palazzo Cybo e Palazzo dei Mellini in una nuova grandiosa struttura. Successivamente, al centro della piazza fece realizzare la fontana dei Quattro Fiumi da Bernini — in sostituzione della semplice vasca precedente adibita al beveraggio dei cavalli — e per alimentarla vi fece confluire una notevole quantità d’acqua dall’acquedotto Vergine. La presenza di tre fontane ben fornite e la facilità di chiudere la piazza grazie alla sua conformazione peculiare furono le basi materiali da cui nacque l’idea di allagarla. Ma anche questa iniziativa era una tessera del più vasto progetto papale: rendere visibile e magnifico, temibile, ma anche amato dal popolo, il potere della sua famiglia. Probabilmente, anche i papi successivi perseguirono un’ambizione simile.
Dopo alcuni anni, sorse il sospetto che l’allagamento favorisse la circolazione di infezioni e malattie. Pertanto, nel 1676 la consuetudine venne sospesa, per poi riprendere nel 1703 quando, consultato da papa Clemente XI, il medico Giovanni Maria Lancisi rassicurò il pontefice che non ci sarebbero state conseguenze sanitarie se la piazza fosse stata accuratamente pulita prima di allagarla. La tradizione riprese a pieno regime e l’edizione di quell’anno fu onorata anche dalla presenza della regina polacca Maria Casimira Sobieska, vedova di Giovanni III Sobieski, non più regnante e residente a Roma da alcuni anni. Si trattò di una ripartenza in grande stile, ma anche dell’inizio di un cambiamento importante. Da allora, fu concesso anche ai popolani di partecipare direttamente e di rinfrescarsi, purché mantenessero un certo decoro. Così l’evento, meno aristocratico e più popolare, continuò per decenni a svolgersi tutti i sabati e le domeniche di agosto, fino al 1865, quando si decise di non organizzarlo più, ancora una volta per motivi sanitari. Peraltro, una Roma diversa stava per nascere, pronta a divenire pochi anni dopo la capitale del neocostituito Regno d’Italia.