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Maria Adriana Prolo: collezionare la settima arte

<h2>Maria Adriana Prolo: collezionare la settima arte</h2>

La vita di Maria Adriana Prolo è stata fortemente segnata dalla sua passione per la storia del cinema, che si è tradotta in un impegno duraturo e si è materializzata nel Museo Nazionale del Cinema, un lascito importante a cui ha dato un contributo decisivo. 

La sua è una biografia attraversata in realtà da diversi interessi e da complessi itinerari culturali, che si sono però incontrati, arricchendosi, senza dispersione. Nata nel 1908 a Romagnano Sesia, in provincia di Novara, Maria Adriana Prolo trascorse a Torino la sua gioventù, caratterizzata da una grande vivacità intellettuale: scriveva poesie, suonava il violino, si laureò in materie letterarie presso la facoltà di Magistero, cominciò a lavorare presso la Biblioteca Reale di Torino e si occupò di economia e di storia del Risorgimento. Era anche un’appassionata spettatrice di cinema fin da bambina, da quando a sei anni la portarono a vedere il suo primo film, Occhi che videro!, un cortometraggio realizzato nel 1914 da Ubaldo Pittei, pseudonimo di Guido Di Sandro.

Incuriosita dal ruolo svolto da Torino come “capitale” del cinema muto, iniziò a raccogliere materiali e a collezionarli: pellicole, locandine, apparecchiature. La sua formazione da bibliotecaria e da storica la portò a muoversi in questo campo con rigore, a classificare i suoi reperti in modo professionale, a cercarne sempre di nuovi. Si recava spesso a Porta Palazzo, al Balon, il mercato delle pulci di Torino, dove acquistava materiali che rischiavano la dispersione se non la distruzione. La chiamavano, ricorderà poi, la ‘Signorina del cinematografo’, «perché sapevano più o meno quello che cercavo».

Erano passati pochi anni dall’epoca d’oro del muto e quasi nessuno dava importanza a questa documentazione. Sulla prima stagione del cinema italiano scrisse nel 1938 l’articolo Torino cinematografica prima e durante la guerra (Appunti) per la rivista mensile Bianco e Nero, nata nel 1937, diretta da Luigi Freddi e collegata al Centro Sperimentale di Cinematografia. Erano gli anni in cui il regime fascista stava puntando sul cinema, anni in cui nacquero la Mostra d’arte cinematografica di Venezia e Cinecittà.

Maria Adriana Prolo ricostruì la straordinaria avventura del cinema muto a Torino, che vide tra i protagonisti una figura come Vittorio Calcina, agente per l’Italia dei Lumière, il quale, oltre a essere lui stesso regista e operatore, aprì a Torino il primo cinema, in via Po 33, il 7 novembre 1896, ottenendo un immediato consenso di pubblico. A Torino nacquero le prime case di produzione, tra cui l’Ambrosio, l’Itala, la Pasquali, la Savoia. E sempre in quella città, definita “Filmopoli” dal giornalista Gino Pestelli, furono girate pellicole importanti come Giovanna d’Arco, diretta nel 1913 da Ubaldo Maria del Colle e Nino Oxilia, e interpretata da Maria Jacobini, che ebbe un successo notevole anche negli Stati Uniti. Ma il titolo più noto è senz’altro Cabiria, film di Giovanni Pastrone uscito nel 1914 e passato alla storia come il primo colossal italiano: tra gli autori della sceneggiatura figurava anche Gabriele D’Annunzio, il cui contributo fu minore di quanto pubblicizzato, ma servì a incrementare il prestigio culturale dell’opera. 

Questa stagione eroica del cinema torinese trovò in Maria Adriana Prolo una cultrice capace di rievocarne le ambizioni e i risultati. Negli anni che precedettero il secondo conflitto mondiale, Prolo iniziò a essere identificata come una studiosa di storia del cinema e come la più importante collezionista di materiali legati alla stagione del muto. La sua collezione diventava via via più importante e sorse in lei sempre più forte il desiderio di condividerla. Nel giugno del 1941 appuntava nel suo diario: «Pensato il Museo».  Nel 1951 uscì il primo volume della sua Storia del cinema muto italiano, che si basava su ricerche d’archivio e su testimonianze da lei direttamente raccolte. Intanto, i suoi sforzi si concentravano anche sulla ricerca di una sede adeguata all’esposizione al pubblico dei materiali della collezione, realizzando così il sogno di un museo del cinema.  Nel 1953 nacque l’Associazione culturale Museo del Cinema e il 27 settembre 1958 si arrivò finalmente all’inaugurazione: il Museo Nazionale del Cinema aveva trovato sede nelle sale di Palazzo Chiablese, un’ala di Palazzo Reale, ospitando mostre, proiezioni, retrospettive.

Maria Adriana Prolo morì il 20 febbraio 1991 nel suo paese natale, Romagnano Sesia, e l'anno successivo il Museo del Cinema divenne una Fondazione, che prese il suo nome. L’interesse degli appassionati e della città di Torino è rimasto sempre vivo, e nel tempo ha preso forza l’idea di una collocazione all’interno della Mole Antonelliana: un’ipotesi emersa per la prima volta nel lontano 1946 e divenuta concreta nel 19 luglio 2000, quando venne inaugurata come nuova sede. Il Museo è ancora oggi ospitato nei suoi spazi e, ormai riconosciuto come uno dei più visitati e apprezzati d’Italia, offre la possibilità di ripercorrere tutta la storia del cinema, delle sue professioni e delle sue tecniche, attraverso un percorso espositivo che associa materiali più recenti alla storica collezione di Maria Adriana Prolo. 

Un’esperienza che invita ad avere uno sguardo curioso, proprio come il suo. In effetti, come ricorda il film documentario Occhi che videro, realizzato in suo omaggio da Daniele Segre nel 1989, gli occhi della ‘Signora del cinematografo’ hanno visto molte cose: tanti film, tanti oggetti e anche la trasformazione di una città come Torino che «era nota per le caramelle, le automobili e le pellicole».