Nel 2008 il Tocai, uno dei vini più diffusi in Friuli e con un importante mercato nazionale e internazionale, ha dovuto cambiare il proprio nome in Friulano per via di un contenzioso, protrattosi nel tempo, con l’Ungheria, che produce il Tokaji. Già nel 1933, la grafia originaria fu cambiata in Tocai per evitare confusione con il prodotto ungherese e, in più, si aggiunse la dicitura ‘friulano’ per distinguerlo da altri vini prodotti in Italia. Questo aggiustamento non era però stato considerato sufficiente dall’Ungheria, che aspirava all’uso esclusivo del nome. Falliti i tentativi di un accordo fra le parti, l’Unione Europea ha vietato l'utilizzo della dicitura ‘Tocai’ per il vino friulano a partire dal marzo del 2007, in quanto giudicata troppo simile all’omologo DOC ungherese Tokaji. Nel gennaio 2008 la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia aveva intentato un ricorso per annullare la sentenza, ma il 15 novembre dello stesso anno la Corte costituzionale ha stabilito il divieto di utilizzare il nome Tocai per la vendita sul territorio italiano.
La decisione, che come è comprensibile non è stata ben accolta dai produttori friulani, nasce da motivazioni particolari: il Tokaji è il vino ungherese più famoso e il suo nome richiama la regione in cui viene prodotto (Tokaj-Hegyalja), mentre il Tocai friulano prendeva il nome soltanto dal vitigno. Il contenzioso nasce esclusivamente dall’utilizzo del nome, perché tutti concordano sul fatto che si tratti di vini molto diversi. Il Tocai friulano (ora solo Friulano) è un bianco secco, di colore giallo paglierino, con sfumature verdognole, fruttato e con uno spiccato sapore di mandorla; invece, il Tokaji ungherese è ottenuto dall’assemblaggio di uve Furmint, Hárslevelü, Muscat Lunel e Orémus e, benché abbia una sua versione secca (szàraz) e una abboccata (édes), è famoso soprattutto per la sua versione dolce: il Tokaji aszú, vino da dessert ad alta gradazione alcolica. Vini diversi che per qualche ragione, probabilmente collegata alla comune appartenenza all’Impero austro-ungarico, hanno un nome simile. Una situazione analoga al caso della disputa fra il Prosecco italiano e il Prosek croato.
Il Tokaji aszú fu il primo vino prodotto con uve attaccate dalla cosiddetta muffa nobile, che favorisce il formarsi di un sapore particolare. Secondo una leggenda, fu una incursione dei turchi in Ungheria, capitata proprio al momento della vendemmia, a favorire la nascita del Tokaji aszú. Dopo essersi allontanati precipitosamente per sfuggire agli invasori, al loro ritorno gli ungheresi trovarono l’uva appassita e ammuffita. Decisero però di vinificarla ugualmente: il vino prodotto aveva un sapore straordinario e ricco di aromi e il processo fu ripetuto volontariamente, ottenendo appunto il Tokaji aszú.
Ad oggi quindi, in Friuli, il Tocai è denominato Friulano, una scelta che lo lega fortemente al territorio; mentre in Veneto, con una contrazione del nome, è divenuto semplicemente Tai, nelle tipologie bianco, rosato e rosso. Il Friulano ha pagato un prezzo nella sua commercializzazione, soprattutto appena dopo il cambio, ma è riuscito a consolidare il suo mercato con la nuova denominazione. Un aspetto positivo di questa storia è che la disputa ha favorito gli studi per ricostruire l’autentica storia del Friulano. Infatti, analisi approfondite hanno rivelato che il vitigno Tocai friulano altro non era che il Sauvignonasse, un vitigno diffuso un tempo nel Bordolese, oggi quasi scomparso. Fu impiantato in Friuli a metà Ottocento, probabilmente assieme al Sauvignon, nel periodo in cui l’importazione di vitigni francesi è da ricondurre, secondo alcune ricerche, al matrimonio tra il Conte de La Tour e la nobildonna friulana Ervina Ritter. Questa ipotesi confermerebbe la completa autonomia dei due vitigni indagati, ovvero l’origine francese del Tocai friulano, mentre la denominazione di quello ungherese nasce dalla regione in cui è stato da sempre coltivato.
E il nome? Ricostruire questo aspetto è difficile, ma è possibile che i viticoltori friulani di fronte alla qualità straordinaria di questa varietà, di cui si era smarrito per strada il nome, assegnassero al nuovo vitigno un nome prestigioso già esistente e diffuso nei domini austriaci, dando origine alla sovrapposizione che ha poi generato la controversia. Il Friulano sta seguendo il suo percorso ed è amato e bevuto non solo nella regione di produzione, ma in tutta Italia e all’estero. In particolare, è apprezzato negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Germania e in Canada. Del resto, come ci insegna Shakespeare, i nomi sono importanti ma “ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo”. Al di là dei flatus voci, resta la qualità intrinseca delle cose, dei prodotti, il loro legame con il lavoro e la creatività degli uomini.