“Non è il cemento, non è il legno, non è la pietra, non è l'acciaio, non è il vetro l'elemento più resistente. Il materiale più resistente nell'edilizia è l'arte”
Gio Ponti
La straordinaria vicenda della sedia Superleggera, ideata da Gio Ponti nella sua forma definitiva nel 1955 e messa in produzione dall’azienda italiana Cassina nel 1957, si potrebbe definire come una storia di affascinanti paradossi: un lungo viaggio verso la semplicità e il riuscito tentativo di creare un prodotto “normale”, di uso comune, che si trasforma in una raffinata icona di stile.
La Superleggera si ispira a una eccellenza dell’artigianato tradizionale ligure: la sedia di Chiavari, detta anche ‘chiavarina’, ideata nel 1807 dall’ebanista Giuseppe Gaetano Descalzi (noto come il Campanino). La chiavarina prendeva spunto a sua volta da modelli francesi riconducibili allo stile Impero. Fu infatti il marchese Stefano Rivarola, di ritorno a Chiavari dopo un soggiorno a Parigi, a sollecitare Descalzi a sviluppare un nuovo prodotto prendendo a esempio una sedia francese che aveva portato con sé, estremamente leggera, con sedile in vimini e schienale a giorno.
Il Campanino accettò la sfida. La sedia di Chiavari da lui realizzata rispose perfettamente ai criteri di robustezza, elasticità e leggerezza, risultando al tempo stesso estremamente elegante grazie al sedile in listarelle di salice filiformi e opportunatamente intrecciate. Il successo della chiavarina fu ampio e duraturo e favorì lo sviluppo di numerose imprese a livello locale. Inoltre, la sua bellezza semplice e sobria venne apprezzata anche dalle classi elevate e dalle corti, con riconoscimenti che arrivarono da Carlo Alberto, da Vittorio Emanuele II e persino da Napoleone III.
Nel secondo dopoguerra, Gio Ponti, con alle spalle un lungo e prestigioso percorso come architetto, designer, docente, pubblicista e fedele alla sua idea del design come elemento formativo e qualificante della produzione seriale, iniziò a pensare a una «sedia-sedia, senza aggettivi». La immaginava leggera, semplice, stabile e accessibile nei costi, sia di produzione che di acquisto. Insomma, una sedia per tutti, in un momento segnato da difficoltà economiche per larghe fasce di popolazione.
Il percorso che portò alla nascita della Superleggera ebbe come punto di partenza la concezione di progresso che guidava Ponti, sintetizzabile con il passaggio dal pesante al leggero, dall’opaco al trasparente, dal costoso al conveniente. Sostenitore della qualità artistica degli elementi di arredamento anche per la produzione in serie, Ponti considerava quest’ultima una evoluzione della pregiata tradizione dell’artigianato e un modo per migliorare il livello della vita di tutti. La sua era una visione democratica del design industriale: un approccio che aveva scelto fin da quando aveva assunto il ruolo di direttore artistico della manifattura toscana Pozzi-Ginori, rinunciando alla visibilità di pezzi unici a costi molto elevati.
L’ascesa al semplice fu, come spesso accade, complessa e richiese alcuni anni. Nel 1949 Ponti portò a compimento il primo prototipo della sua ‘sedia-sedia’, che innovava il modello originale della chiavarina da un punto di vista ergonomico piegando all’indietro la parte superiore dello schienale. Poi, nel 1951 arrivò il secondo prototipo, la Leggera, caratterizzata da un’ulteriore semplificazione delle linee. Infine, nel 1955, nacque la Superleggera, codice progetto 699, messa in produzione da Cassina nel 1957. Si trattò di un importante traguardo; un risultato definitivo ottenuto con un attento lavoro sui materiali e sulla riduzione del peso, mediante l’uso di legno di frassino per la struttura e la canna indiana per la seduta.
La Superleggera ricevette un’eccezionale accoglienza da parte del mercato, grazie alle sue intrinseche caratteristiche, funzionali ed estetiche, e alla efficace e curiosa campagna promozionale con cui queste vennero esaltate. Ad esempio, i potenziali clienti erano invitati a visitare l’azienda dove - per testare le Superleggere - le sedie venivano maltrattate, sbattute di qua e di là, lanciate in aria dal personale di Cassina senza subire danni. Addirittura, pare che lo stesso Giò Ponti sia stato protagonista di un bizzarro collaudo, per cui avrebbe fatto cadere la sedia dal quarto piano di un edificio, ma questa non si sarebbe né rotta né danneggiata e, anzi, avrebbe rimbalzato come una palla. Un singolare crash test, fatto trapelare abilmente, a certificare la qualità del prodotto.
L’ironia e l’iperbole contraddistinsero tutta la comunicazione pubblicitaria rivolta al grande pubblico, così nelle campagne promozionali si vedevano un bambino che la alzava con un dito o una donna che, seduta con i piedi sopra la scrivania, vi si dondolava senza tuttavia perdere l’equilibrio; e ancora, una Superleggera sollevata in aria da un palloncino o fissata a terra da tiranti, per impedirle di prendere il volo.
L’ultimo paradosso della Superleggera discende proprio dal suo straordinario successo: considerata uno dei prodotti di design industriale più noto e acclamato a livello globale, è divenuta di fatto un oggetto di culto, molto ricercato, e per questo venduto a un prezzo elevato. Una circostanza che non sembra corrispondere pienamente al progetto del suo ideatore, ispirato dall’idea di una sedia per tutti.
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Crediti della foto
Giorgio Casali, Gio Ponti, Superleggera, 1952